Prof. Costanzo Di Girolamo

 

Filologia e linguistica romanza II

N55 14978

 

Anno accademico 2015-2016

Primo semestre

Corso per la laurea magistrale

12 CFU

 

 


Filologia spagnola medievale


 

Antologia di testi da scaricare:

 

T2016M-CDG

 

 


Programma dettagliato dell'esame

 

— Traduzione, comprensione e interpretazione dei testi letti in classe.

— Analisi linguistica, metrica, retorica dei testi.

— Inquadramento storico-letterario delle opere e degli autori.

 

La bibliografia qui di seguito non costituisce materia di esame, ma può essere consultata, facoltativamente, per eventuali approfondimenti o per colmare lacune causate da occasionali assenze a lezione.

Alberto Varvaro, Manuale di filologia spagnola medievale, II: Letteratura, Napoli, Liguori, 1969.

Alan D. Deyermond, A Literary History of Spain: The Middle Ages, London - New York, Benn - Barnes and Nobles, 1971 (o edizioni successive) oppure Alan D. Deyermond, Historia de la literatura española. La edad media, Barcelona, Ariel, 1973 (o edizioni successive).

A. Varvaro, Literatura medieval castellana y literaturas románicas: hechos y problemas (1992).

 

 

 


Antoni Rossell canta brani del Cantar de mio Cid

https://www.youtube.com/watch?v=wQA5YR_DWoo

 

 


Blocco note

 

Mester traigo fermoso, non es de joglaría
mester es sin pecado, ca es de clerezía
fablar curso rimado por la cuaderna vía
a sílabas cuntadas, ca es grant maestría.

Libro de Alexandre, vv. 5-8

 

Así commo ha muy grant plazer el que faze alguna buena obra, señaladamente si toma grant trabajo e[n] la faz[er], quando sabe que aquella su obra es muy loada et se pagan della mucho las gentes, bien así ha muy grant pesar et grant enojo quando alguno, a sabiendas o aun por yerro, faze o dize alguna cosa por que aquella obra non sea tan preciada o alabada commo devía ser. Et por probar aquesto, porné aquí una cosa que acaeció a un cavallero en Perpinán en tiempo del primero rey don Jaimes dr Mallorcas.

Así acaeçió que aquel cavallero era muy grant trobador et fazíe muy buenas cantigas a marabilla, et fizo una muy buena además et avía muy buen son; et atanto se pagavan las gentes de aquella cantiga que des[d]e grant tienpo non querían cantar otra cantiga sinon aquélla, et el cavallero que la fiziera avía ende muy grant plazer. Et yendo por la calle un día, oyó que un çapatero estava diziendo aquella cantiga, et dezía tan mal erradamente, también las palabras commo el son, que todo omne que la oyesse, si unte non la oyíe, ternía que era muy mala cantiga et muy mal fecha.

Quando el cavallero que la fiziera oyó cómmo aquel çapatero confondía tan buena obra commo [aquélla], ovo ende muy grant pesar et grant enojo, et descendió de la bestia et asentóse cerca dél. Et el çapatero, que non se guardava de aquello, non dexó su cantar, et quando más dezía, más confondía la cantiga que el cavallero fiziera. Et desque el cavallero vio su buena obra tan mal confondida por la torpedat de aquel çapatero, tomó muy passo unas tiseras et tajó quantos çapatos el çapatero tenía fechos, et esto fecho cavalgó et fuesse. Et el çapatero paró mientes en sus çapatos, et desque los vido así tajados entendió que avía perdido todo su trabajo; ovo grant pesar et fue dando vozes en pos aquel cavallero que aquello le fizieria. Et el cavallero díxole: «Amigo, el rey nuestro señor es aquí, et vós sabedes que es muy buen rey et muy justiçiero; et vayamos anté et líbrelo commo fallare por derecho».

Anbos se acordaron a esto, et desque legaron antel rey, dixo el çapatero cómmo le tajara todos sus çapatos et le fiziera grant daño. El rey fue desto sañudo, et preguntó al cavallero si era aquello verdat, et el cavallero díxole que sí, mas que quisiesse saber por qué lo fi[zi]era. Et mandó el rey que [lo] dixiesse; et el cavallero dixo que bien sabía el rey que él fiziera tal cantiga que era muy buena et abía buen son, et que aquel çapatero gela avía confondida, et que gela mandasse dezir. Et el rey mandógela dezir, et vio que era así. Entonçe dixo el cavallero que, pues el çapatero confondiera tan buena obra commo él fiziera, et en que avia tomado grant dapño et afán, que así confondiera él la obra del çapatero. El rey e quantos lo oyeron tomaron desto grant plazer et rieron ende mucho; et el rey mandó al çapatero que nunca di xiesse aquella cantiga nin confondiesse la buena obra del cavallero, et pechó el rey el daño al çapatero et mandó al cavallero que non fiziese más enojo al çapatero.

Et recelando, yo, don Johan, que por razón que non se podrá escusar, que los libros que yo he fechos non se ayan de trasladar muchas vezes, et porque yo he visto que en el transladar acaeçe muchas vezes, lo uno por desentendimiento del scrivano, o porque las letras semejan unas a otras, que en transladando el libro porná una razón por otra, en guisa que muda toda la entençión et toda la suma, er será traído el que la fizo non aviendo y culpa, et por guardar esto quanto yo pudiere, fizi fazer este volumen en que están scriptos todos los libros que yo fasta aquí he fechos, et son doze. [...]

Juan Manuel, Prólogo general

 

Trama del Libro de buen amor (da Blecua 1992)

Orazione a Dio e alla Vergine (1-10): chi parla chiede di essere liberato dalla prigione.

Prologo in prosa e Prologo in versi. Dice di chiamarsi Juan Ruiz e di essere arciprete di Hita (19). Hita è tra Saragozza e Madrid (a 80 km a est di Madrid).

Dedica alcune cantigas alla Vergine, poi insiste sul significato, letterale o allegorico, che può avere l’opera.

L’azione comincia a 71. Il protagonista è un arciprete (come di sé dice di essere l’autore), ma di un luogo non nominato, e racconta in forma autobiografica i suoi amori in circa 7000 versi, in gran parte cuaderna vía.

Con l’aiuto di una vecchia ruffiana, si lega a una dama cuerda ‘assennata’, cioè piena di senno cortese, che però alla fine lo rifiuta (77-104).

Poi si innamora di Cruz, una panettiera poco onesta, con l’aiuto di un compagno come messaggero, Ferrán García, ma sarà proprio il messaggero e non l’arciprete a essere corrisposto dalla donna (105-122).

Poi corteggia un’altra donna onesta, che lo rifiuta (166-180).

Segue un lungo dibattito con don Amor, in cui don Amor gli dà istruzioni su come conquistare le donne (181-575).

Successivamente si innamora della giovane vedova doña Endrina con l’aiuto della vecchia ruffiana Trotaconventos, riesce a ottenerne i favori e alla fine la sposa. Però a questo punto scopriamo che, pur restando identico l’io narrante, ora si chiama Melón Ortiz (576-909). C’è dunque come uno sdoppiamento del protagonista, giustificato dal fatto che don Melón sarebbe un personaggio esemplare.

Poi l’arciprete si innamora di una giovane che riesce a conquistare grazie a Trotaconventos, ora chiamata con il nome di Urraca. La giovane però muore dopo pochi giorni (910-944).

Ripresosi dal dolore, il 25 marzo il protagonista si mette in viaggio per la Sierra de Guadarrama, dove ha quattro avventure amorose con altrettante serranas, pastore di montagna muscolose e selvagge.

La prima, la Chata, lo violenta (951-971).

Decide allora di passare tre giorni a Segovia e di tornare a casa , ma in un valico di montagna un’altra serrana, Gadea de Riofrío, gli usa anche lei violenza (972-992).

Prosegue il viaggio e incontra una terza pastora che lo scambia per un pastore. Non si capisce se stavolta sia lui a sedurre la giovane, ma alla fine riesce ad andarsene con una falsa promessa di matrimonio (993-1005).

Infine, in cima a una montagna, incontra la quarta serrana, Alda, che lo rifocilla e con la quale non succede niente (1022-1042).

Viene a questo punto inserita una cantiga alla Vergine (1043-1067).

Poi si ferma a Burgos. Mentre sta mangiando con don Jueves Lardero, riceve una lettera da doña Cuaresma indirizzata «a todos los arciprestes y clérigos sin amor» con cui si ordina a questi la divulgazione di un cartello di sfida contro don Carnal. Segue la battaglia tra Quaresima e Carnevale, con il loro seguito di pesci e di carni. Carnevale è sconfitto e imprigionato, ma poi fugge e Quaresima parte in pellegrinaggio per Gerusalemme (1068-1224).

Il giorno di Pasqua gli strumenti musicali e gli ordini religiosi vanno incontro a don Amor e tutti si offrono di alloggiarlo. Don Amor alza invece un padiglione in un prato e va a tavola con dodici cavalieri, che sono i mesi dell’anno (1228-1300).

Poi don Amor parte per Alcalá, dopo aver conversato con l’arciprete (1301-1314).

L’arciprete a questo punto torna a cercare l’amore. Una vedova lozana ‘gagliarda, superba’ lo rifiuta (1315-1320).

In una chiesa si innamora di una donna che però si sposa con un altro (1321-1331).

Trotaconventos gli raccomanda allora una monaca, doña Garoza, con cui intrattiene un amore puro, ma la monaca muore due mesi dopo (1332-1507).

Trotaconventos gli propone una mora, che però lo liquida in malo modo (1508-1512).

Poi ci viene detto che l’arciprete si dedica a comporre cantigas di vario tipo (1513-1519).

A questo punto c’è un planctus per la morte di Urraca e una digressione su come ci si deve difendere dai peccati (1520-1605).

Segue un elogio delle donne chicas ‘piccole’ di statura (1606-1617).

All’inizio della primavera il protagonista si mette di nuovo in cerca dell’amore con un nuovo messaggero, il vizioso don Hurón, che però non riesce a procurargli l’amore di doña Fulana (1618-1625).

Il libro si conclude con un epilogo e alcune cantigas alla Vergine. Nei manoscritti seguono alcune composizioni satiriche che sembrano dello stesso autore ma suonano estranee alla struttura dell’opera.

 

 




Filologo spesso nominato durante le lezioni

 

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Pergamena Vindel

Regole dell’accento ortografico nello spagnolo moderno