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Università degli Studi di
Napoli Federico II
Dipartimento di Studi
umanistici
Sezione di Filologia moderna:
italianistica, letterature europee e linguistica
I
nostri antenati
Luigi Settembrini
(Napoli ,
1813-1876)
Professore di Letteratura
italiana dal 1861 alla morte
all’Università di Napoli, di cui fu anche rettore dal 1871 al 1873 |
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Nato a Napoli, si iscrisse alla facoltà di legge, senza
laurearsi; nel 1830, dopo la morte del padre, abbandonò l’attività forense
per seguire le lezioni di Basilio Puoti. Dal 1835 al 1839 insegnò eloquenza
nel liceo di Catanzaro. A questo periodo risalgono i primi documenti della
sua attività culturale: un manipolo di manoscritti che comprendono la
Prolusione recitata nella Cattedra d’eloquenza nel Liceo di Catanzaro addì
23 novembre 1835, il Della italiana letteratura e il dialogo
Le donne. Particolare interesse riveste, dei tre, il secondo (il primo è
sostanzialmente una celebrazione del mondo greco-romano e del purismo
linguistico, mentre il terzo un esercizio letterario sul problema della
regolamentazione dei matrimoni e dell’eredità), che evidenzia, oltre a una
dichiarata presenza di Pietro Giordani, un’evoluzione culturale più aperta a
influssi modernisti (soprattutto al sensismo coscienzialista di Galluppi,
Borelli e Bozzelli) e notevolmente alleggerita dei gravami antiquari.
Con
l’arresto del maggio 1839, seguito al suo coinvolgimento nella fondazione
della setta segreta dei Figliuoli della Giovine Italia, e la permanenza in
carcere fino all’ottobre 1842, Settembrini perse la cattedra e interruppe
anche la stesura del suo scritto letterario. I moti del 1848 furono uno
spartiacque decisivo per i suoi orientamenti politici, dapprima attestati su
posizioni di estremismo intransigente e cospirativo (come dimostra la
Protesta del popolo delle Due Sicilie, violento libello antiborbonico
che lo costrinse a riparare a Malta), mentre dopo quella data sempre più
inclini (si veda soprattutto la Lettera di Carlo III a Ferdinando II di
Borbone, scritta in carcere nel 1851) a una forte critica del
rivoluzionarimo parolaio delle élites borghesi, rivelatesi incapaci
di assolvere ai loro compiti di guida e di mediazione, e a una rivalutazione
del riformismo illuminato e del ‘buon governo’ settecentesco entro un
progetto di rinnovamento costituzionale della dinastia borbonica. Accusato
di cospirazione, nel 1851 fu prima condannato a morte, quindi all’ergastolo:
scontò la pena nel penitenziario dell’isola di Santo Stefano, rimanendovi
fino al 1859, quando fu liberato grazie a un provvedimento di clemenza del
governo borbonico. In questo periodo di reclusione si dedicò con passione
alla traduzione dal greco delle opere di Luciano e alla scrittura di un
racconto omoerotico, I neoplatonici, ambientato nell’antica Grecia e
spacciato per opera di un immaginario Aristeo di Megara, nell’alveo del
genere delle false traduzioni risalente al secolo XVIII; esso, com’è noto,
rimase inedito, anche per volontà censoria di Croce che lo giudicò «lubrico
e malsano», fino al 1977, quando fu pubblicato per le cure del grecista
Raffaele Cantarella.
Esule in Irlanda e Inghilterra, tornò a Napoli nel
settembre del 1860, venti giorni dopo la liberazione della città. Ispettore
generale degli Studi durante la Luogotenenza Carignano, quindi direttore del
Dicastero napoletano dell’Istruzione, profuse un grande impegno a
riorganizzare la scuola popolare. Chiamato nell’ottobre del 1861 alla
cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Napoli, avviò i corsi
poi confluiti nelle Lezioni di letteratura italiana, giudicate da
Zumbini «sbagliate come storia, come critica e come estetica», ma
opportunamente e più equilibratamente rivalutate da De Sanctis e Torraca:
«Il De Sanctis lascia stare l’edifizio storico e metafisico che il Zumbini
ha così agevolmente mandato in frantumi, […] e ci invita ad ammirare in lui
non il pensatore, non il critico, ma il patriota e l’artista» (Notizie su
la vita e gli scritti di Luigi Settembrini, raccolte da Francesco
Torraca, Napoli 1877, p. 121). Nel 1873 fu nominato senatore; tra il 1872 e
il 1875 compose i Dialoghi, in cui, facendo esplicita e aperta
professione di ateismo, negava Dio, la creazione, l’immortalità dell’anima
ed esaltava la scienza «liberatrice degli spiriti». Dal 1875 attese alla
composizione delle Ricordanze della mia vita. Morì il 3 novembre 1876.
Bibliografia essenziale. — Della italiana letteratura, ms., Biblioteca Nazionale
di Napoli, Carte
Pessina; Protesta del popolo delle Due Sicilie, s.n.t. [1847],
ristampata a cura di A. Pesce, Napoli 1884; Opere di Luciano voltate in
italiano, 3 voll., Firenze 1861-62, precede il «Discorso intorno la vita
e le opere di Luciano»; Lezioni di letteratura italiana, 3 voll.,
Napoli 1866-72; «Il Novellino» di Masuccio Salernitano ridotto all’antica
lezione, Napoli 1874; Ricordanze della mia vita, con prefazione
di F. De Sanctis, 3 voll., Napoli 1879-80; Scritti vari di letteratura,
politica ed arte, riveduti da F. Fiorentino, 2 voll., Napoli 1879;
Epistolario, con prefazione e note di F. Fiorentino, Napoli 1883 (2a ed.
accresciuta e corretta da F. Torraca, Napoli 1894); Dialoghi, a cura
di F. Torraca, Napoli 1909; Scritti inediti, a cura di F. Torraca,
Napoli 1909; Lettere dall’ergastolo, a cura di M. Themelly, Milano
1962; Opuscoli politici, a cura di M. Themelly, Roma 1969;
I neoplatonici, a cura di R. Cantarella, con una nota di G. Manganelli,
Milano 1977. ~
Opere
in rete; in rete anche
I neoplatonici.
[A. Fratta]
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23.3.2011 |