Le rime petrose di Dante

 

 

    1      Io son venuto al punto de la rota
    2      che l’orizzonte, quando il sol si corca,
    3      ci partorisce il geminato cielo,
    4      e la stella d’amor ci sta remota
    5      per lo raggio lucente che la ’nforca
    6      sì di traverso che le si fa velo;
    7      e quel pianeta che conforta il gelo
    8      si mostra tutto a noi per lo grand’arco
    9      nel qual ciascun di sette fa poca ombra:
    10     e però non disgombra
    11     un sol penser d’amore, ond’io son carco,
    12     la mente mia, ch’è più dura che petra
    13     in tener forte imagine di petra.

    14     Levasi de la rena d’Etiopia
    15     lo vento peregrin che l’aere turba,
    16     per la spera del sol ch’ora la scalda;
    17     e passa il mare, onde conduce copia
    18     di nebbia tal, che, s’altro non la sturba,
    19     questo emisperio chiude tutto e salda;
    20     e poi si solve, e cade in bianca falda
    21     di fredda neve ed in noiosa pioggia,
    22     onde l’aere s’attrista tutto e piagne:
    23     e Amor, che sue ragne
    24     ritira in alto pel vento che poggia,
    25     non m’abbandona, sì è bella donna
    26     questa crudel che m’è data per donna.

    27     Fuggito è ogne augel che l’ caldo segue
    28     del paese d’Europa, che non perde
    29     le sette stelle gelide unquemai;
    30     e li altri han posto a le lor voci triegue
    31     per non sonarle infino al tempo verde,
    32     se ciò non fosse per cagion di guai;
    33     e tutti li animali che son gai
    34     di lor natura, son d’amor disciolti,
    35     però che ’l freddo lor spirito ammorta:
    36     e ’l mio più d’amor porta;
    37     ché li dolzi pensier non mi son tolti
    38     né mi son dati per volta di tempo,
    39     ma donna li mi dà c’ha picciol tempo.

    40     Passato hanno lor termine le fronde
    41     che trasse fuor la vertù d’Ariete
    42     per adornare il mondo, e morta è l’erba;
    43     ramo di foglia verde a noi s’asconde
    44     se non se in lauro, in pino o in abete
    45     o in alcun che sua verdura serba;
    46     e tanto è la stagion forte ed acerba,
    47     c’ha morti li fioretti per le piagge,
    48     li quai non poten tollerar la brina:
    49     e la crudele spina
    50     però Amor di cor non la mi tragge;
    51     per ch’io son fermo di portarla sempre
    52     ch’io sarò in vita, s’io vivesse sempre.

    53     Versan le vene le fummifere acque
    54     per li vapor’ che la terra ha nel ventre,
    55     che d’abisso li tira suso in alto;
    56     onde cammino al bel giorno mi piacque
    57     che ora è fatto rivo, e sarà mentre
    58     che durerà del verno il grande assalto;
    59     la terra fa un suol che par di smalto,
    60     e l’acqua morta si converte in vetro
    61     per la freddura che di fuor la serra:
    62     e io de la mia guerra
    63     non son però tornato un passo a retro,
    64     né vo’ tornar; ché se ’l martiro è dolce,
    65     la morte de’ passare ogni altro dolce.

    66     Canzon, or che sarà di me ne l’altro
    67     dolce tempo novello, quando piove
    68     amore in terra da tutti li cieli,
    69     quando per questi geli
    70     amore è solo in me, e non altrove?
    71     Saranne quello ch’è d’un uom di marmo,
    72     se in pargoletta fia per core un marmo.

 


 

    1      Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra
    2      son giunto, lasso, ed al bianchir de’ colli,
    3      quando si perde lo color ne l’erba:
    4      e ’l mio disio però non cangia il verde,
    5      sì è barbato ne la dura petra
    6      che parla e sente come fosse donna.

    7      Similemente questa nova donna
    8      si sta gelata come neve a l’ombra:
    9      ché non la move, se non come petra,
    10     il dolce tempo che riscalda i colli
    11     e che li fa tornar di bianco in verde
    12     perché li copre di fioretti e d’erba.

    13     Quand’ella ha in testa una ghirlanda d’erba,
    14     trae de la mente nostra ogn’altra donna:
    15     perché si mischia il crespo giallo e ’l verde
    16     si bel, ch’Amor lì viene a stare a l’ombra,
    17     che m’ha serrato intra piccioli colli
    18     più forte assai che la calcina petra.

    19     La sua bellezza ha più vertù che petra,
    20     e ’l colpo suo non può sanar per erba.
    21     ch’io son fuggito per piani e per colli,
    22     per potere scampar da cotal donna;
    23     e dal suo lume non mi può far ombra
    24     poggio né muro mai né fronda verde.

    25     Io l’ho veduta già vestita a verde,
    26     sì fatta ch’ella avrebbe messo in petra
    27     l’amor ch’io porto pur a la sua ombra:
    28     ond’io l’ho chesta in un bel prato d’erba
    29     innamorata com’anco fu donna,
    30     e chiuso intorno d’altissimi colli.

    31     Ma ben ritorneranno i fiumi a’ colli,
    32     prima che questo legno molle e verde
    33     s’infiammi, come suol far bella donna,
    34     di me; che mi torrei dormire in petra
    35     tutto il mio tempo e gir pascendo l’erba,
    36     sol per veder do’ suoi panni fanno ombra.

    37     Quantunque i colli fanno più nera ombra,
    38     sotto un bel verde la giovane donna
    39     la fa sparer, com’uom petra sott’erba.

 


 

    1      Amor, tu vedi ben che questa donna
    2      la tua vertù non cura in alcun tempo,
    3      che suol de l’altre belle farsi donna;
    4      e poi s’accorse ch’ell’era mia donna
    5      per lo tuo raggio ch’al volto mi luce,
    6      d’ogni crudelità si fece donna;
    7      sì che non par ch’ell’abbia cor di donna,
    8      ma di qual fiera l’ha d’amor più freddo:
    9      ché per lo tempo caldo e per lo freddo
    10     mi fa sembiante pur come una donna
    11     che fosse fatta d’una bella petra
    12     per man di quei che me’ intagliasse in petra.

    13     Ed io, che son costante più che petra
    14     in ubidirti per bieltà di donna,
    15     porto nascoso il colpo de la petra,
    16     con la qual tu mi desti come a petra,
    17     che t’avesse innoiato lungo tempo,
    18     tal che m’andò al core ov’io son petra.
    19     E mai non si scoperse alcuna petra
    20     o da splendor di sole o da sua luce,
    21     che tanta avesse né vertù né luce
    22     che mi potesse atar da questa petra,
    23     sì ch’ella non mi meni col suo freddo
    24     colà dov’io sarò di morte freddo.

    25     Segnor, tu sai che per algente freddo
    26     l’acqua diventa cristallina petra
    27     là sotto tramontana ov’è il gran freddo,
    28     e l’aere sempre in elemento freddo
    29     vi si converte, sì che l’acqua è donna
    30     in quella parte per cagion del freddo:
    31     così dinanzi dal sembiante freddo
    32     mi ghiaccia sopra il sangue d’ogne tempo
    33     e quel pensiero che m’accorcia il tempo
    34     mi si converte tutto in corpo freddo,
    35     che m’esce poi per mezzo de la luce
    36     là ond’entrò la dispietata luce.

    37     In lei s’accoglie d’ogni bieltà luce:
    38     così di tutta crudeltate il freddo
    39     le corre al core, ove non va tua luce:
    40     per che ne li occhi sì bella mi luce
    41     quando la miro, ch’io la veggio in petra,
    42     e po’ in ogni altro ov’io volga mia luce.
    43     Da li occhi suoi mi ven la dolce luce
    44     che mi fa non caler d’ogn’altra donna:
    45     così foss’ella più pietosa donna
    46     ver me, che chiamo di notte e di luce,
    47     solo per lei servire, e luogo e tempo.
    48     Né per altro disio viver gran tempo.

    49     Però, Vertù che se’ prima che tempo,
    50     prima che moto o che sensibil luce,
    51     increscati di me, c’ho sì mal tempo;
    52     entrale in core omai, ché ben n’è tempo,
    53     sì che per te se n’esca fuor lo freddo
    54     che non mi lascia aver, com’altri, tempo:
    55     ché se mi giunge lo tuo forte tempo
    56     in tale stato, questa gentil petra
    57     mi vedrà coricare in poca petra,
    58     per non levarmi se non dopo il tempo,
    59     quando vedrò se mai fu bella donna
    60     nel mondo come questa acerba donna.

    61     Canzone, io porto ne la mente donna
    62     tal che, con tutto ch’ella mi sia petra,
    63     mi dà baldanza, ond’ogni uom mi par freddo:
    64     sì ch’io ardisco a far per questo freddo
    65     la novità che per tua forma luce,
    66     che non fu mai pensata in alcun tempo.

 


 

    1      Così nel mio parlar voglio esser aspro
    2      com’è ne li atti questa bella petra,
    3      la quale ognora impetra
    4      maggior durezza e più natura cruda,
    5      e veste sua persona d’un diaspro
    6      tal che per lui, o perch’ella s’arretra,
    7      non esce di faretra
    8      saetta che già mai la colga ignuda;
    9      ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda
    10     né si dilunghi da’ colpi mortali,
    11     che, com’avesser ali,
    12     giungono altrui e spezzan ciascun’arme:
    13     sì ch’io non so da lei né posso atarme.

    14     Non trovo scudo ch’ella non mi spezzi
    15     né loco che dal suo viso m’asconda;
    16     ché, come fior di fronda,
    17     così de la mia mente tien la cima.
    18     Cotanto del mio mal par che si prezzi,
    19     quanto legno di mar che non lieva onda;
    20     e ’l peso che m’affonda
    21     è tal che non potrebbe adequar rima.
    22     Ahi angosciosa e dispietata lima
    23     che sordamente la mia vita scemi,
    24     perché non ti ritemi
    25     sì di rodermi il core a scorza a scorza
    26     com’io di dire altrui chi ti dà forza?

    27     Che più mi triema il cor qualora io penso
    28     di lei in parte ov’altri li occhi induca,
    29     per tema non traluca
    30     lo mio penser di fuor sì che si scopra,
    31     ch’io non fo de la morte, che ogni senso
    32     co li denti d’Amor già mi manduca:
    33     ciò è che ’l pensier bruca
    34     la lor vertù sì che n’allenta l’opra.
    35     E’ m’ha percosso in terra, e stammi sopra
    36     con quella spada ond’elli ancise Dido,
    37     Amore, a cui io grido
    38     merzé chiamando, e umilmente il priego:
    39     ed el d’ogni merzé par messo al niego.

    40     Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida
    41     la debole mia vita, esto perverso,
    42     che disteso a riverso
    43     mi tiene in terra d’ogni guizzo stanco:
    44     allor mi surgon ne la mente strida;
    45     e ’l sangue, ch’è per le vene disperso,
    46     fuggendo corre verso
    47     lo cor, che ’l chiama; ond’io rimango bianco.
    48     Elli mi fiede sotto il braccio manco
    49     sì forte che ’l dolor nel cor rimbalza:
    50     allor dico: «S’elli alza
    51     un’altra volta, Morte m’avrà chiuso
    52     prima che ’l colpo sia disceso giuso».

    53     Così vedess’io lui fender per mezzo
    54     lo core a la crudele che ’l mio squatra;
    55     poi non mi sarebb’atra
    56     la morte, ov’io per sua bellezza corro:
    57     ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo
    58     questa scherana micidiale e latra.
    59     Omè, perché non latra
    60     per me, com’io per lei, nel caldo borro?
    61     ché tosto griderei: «Io vi soccorro»;
    62     e fare’l volentier, sì come quelli
    63     che nei biondi capelli
    64     ch’Amor per consumarmi increspa e dora
    65     metterei mano, e piacere’le allora.

    66     S’io avessi le belle trecce prese,
    67     che fatte son per me scudiscio e ferza,
    68     pigliandole anzi terza,
    69     con esse passerei vespero e squille:
    70     e non sarei pietoso né cortese,
    71     anzi farei com’orso quando scherza;
    72     e se Amor me ne sferza,
    73     io mi vendicherei di più di mille.
    74     Ancor ne li occhi, ond’escon le faville
    75     che m’infiammano il cor, ch’io porto anciso,
    76     guarderei presso e fiso,
    77     per vendicar lo fuggir che mi face;
    78     e poi le renderei con amor pace.

    79     Canzon, vattene dritto a quella donna
    80     che m’ha ferito il core e che m’invola
    81     quello ond’io ho più gola,
    82     e dàlle per lo cor d’una saetta,
    83     ché bell’onor s’acquista in far vendetta.

 


[Letture complementari]